Recensione di: “Una rana in valigia” di Cristina Origone

Ciao Notters,
torno a scrivere la mia prima recensione dopo tanto tempo e… è meno facile di quello che mi aspettassi.
La paura di non trovare le parole giuste, di non riuscire più ad essere abbastanza sintetica (ma poi lo sono mai stata?!) e tante altre sensazioni insieme che mi fanno sentire come in un gigantesco mixer quando prepari uno di quei centrifugati “svuota-frigorifero”.
Nonostante questo però, il mio ritorno alla scrittura è stato dolce.

Il libro di cui ci parlo oggi è “Una rana in valigia” di Cristina Origone.
Un libro che mi ha sorpreso, catturato e mi ha sballottata in tempi e luoghi così diversi tra loro da far girare la testa ma che, alla fine di questo meraviglioso girotondo, mi ha lasciato sul viso un sorriso e la voglia inesauribile di dire… “ancora”.

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TITOLO: Una rana in valigia
AUTRICE: Cristina Origone
EDITORE: HarperCollins Italia
DATA PUBBLICAZIONE: 01 Agosto 2019
GENERE: Romance
FORMATO: eBook
PAGINE: 168
PREZZO: € 3,99

SINOSSI

Ophélie sapeva che non doveva lasciare quell’importante film nelle mani di Beatrice, incorreggibile sbadata. Ora si trova a dover inseguire lo sconosciuto che ha scambiato il suo trolley blu con quello dell’amica niente meno che su un volo per Santorini, Grecia. All’arrivo la aspettano alcune sorprese: nel trolley non c’è il film ma… altre curiosità; e lo sconosciuto non solo la invita a rimanere a casa sua finché non avrà trovato un volo di ritorno ma con il suo fascino e la sua dolcezza le sta letteralmente rubando il cuore. Ophélie può permettersi però di affidare il cuore a un uomo? Forse è meglio che torni a casa prima che tutta la sua vita vada a rotoli!

RECENSIONE
***ATTENZIONE, POSSIBILI SPOILER***

Non è semplice scrivere questa recensione perché questo libro non racconta una storia, ne racconta molte.
Racconta di una giovane donna che vive per il suo amore, racconta della guerra e della sua devastazione, racconta di tre sorelle, molto diverse ma molto unite.
Racconta di Ophélie, una ragazza semplice, innamorata delle piccole cose e disillusa da quell’amore che credeva vero.
Racconta di uomo e del dolore in cui si è rifugiato, senza in realtà riuscirci mai davvero.
Racconta tante storie, e nessuna di queste ti lascia il tempo di annoiarti.
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Iniziamo da lei, Ophélie, il cuore pulsante di questo romanzo.
È una giovane donna che vive a Sestri Levante, nella vecchia casa di suo padre, che non c’è più.

“Mi sono trasferita io in questa casa e mi sono presa una pausa; avevo bisogno di riflettere, ero diventata drogata di relazioni tossiche. Ero dipendente affettivamente e, anche se ero consapevole che mi facevano stare male, non riuscivo a mettere fine a certe relazioni. Un anno fa stavo con Michele ed era un periodo davvero difficile. Non riuscivo a comprendere come una persona, che mi dimostrava amore e affetto a parole, fosse in grado di farmi così male. Quando l’ho capito, sono scappata da Milano e sono tornata a Genova. In realtà, la fuga è sempre stata il mio modo di reagire a qualsiasi problema.”

È stata ferita, disillusa, umiliata dal suo stesso sentimento che troppe volte l’ha resa cieca e sorda davanti ad un uomo che non provava amore ma possesso, che non la voleva davvero ma la teneva in pugno.
Ophélie, che non è stata affatto fortunata negli affetti della sua vita, ha però tante passioni, rincorre tanti sogni e cerca ogni giorno nuovi stimoli che rendano la sua vita più piena, più interessante.
La danza, l’organizzazione di eventi, manifestazioni e chi più ne ha più ne metta.
Poi c’è lei, la migliore amica di sempre, Beatrice. Un’eterna ed incurabile casinista inaffidabile di cui la nostra protagonista non potrebbe mai fare a meno.
Ed è proprio a lei che Ophèlie affida un compito: recuperare per lei l’unica copia del film di un regista inglese iscritto al festival del cinema della riviera ligure che sta organizzando.
Beh, sembrava una passeggiata, un gioco da ragazzi; poche istruzioni ma precise ed il gioco è fatto… o meglio dire che sarebbe dovuto essere semplice e magari lo sarebbe stato se non si fosse trattato di Beatrice.

“«No, non ho perso il film.»
«Ah, okay, mi hai fatto prendere un colpo! Allora, qual è il problema? I capelli blu?» «No, i capelli mi piacciono, è che… ho perso la valigia, o meglio, ne ho presa un’altra al posto della mia e il film…»
«Era dentro la valigia» concludo io.
«Sì, ma ho il nome del tipo del trolley! Aspetta…» Si alza e torna con un’etichetta che appiccica allo schermo. Leggo ad alta voce: «Jacopo Corti».
E aggiungo: «Ma non è detto che lui abbia il tuo!».”

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Inizia così l’avventura di Ophélie alla ricerca disperata del film che aveva affidato alla sua sbadatissima migliore amica, un film che le farà prendere un aereo e iniziare così un viaggio che ha come unica certezza la meta, Santorini, e tante incognite.
La prima tra tutte? Jacopo Corti.
Un uomo che ha sofferto molto, che si è crogiolato nel suo dolore e poi l’ha rifiutato cercando di scappare. Un dolore che lo ha spento lentamente ma che, vicino a lei, sembra riacquistare colore. Lo stesso uomo che ha tra le mani il film che Ophèlie stava cercando ma che, improvvisamente, non sembra più così importante.

E poi c’è la “donna della mandorle” che rappresenta la seconda voce, narrante alternata a quella di Ophèlie.
Su di lei non posso dire molto, il rischio di rovinare l’alone di mistero che avvolge questo personaggio è troppo alto e non posso permettermi di correrlo.
Posso dirvi che è un personaggio che tocca il cuore, che porta con se’ tante storie, tante forme di amore diverse e tanti sentimenti nobili.
Posso dirvi che attraverso di lei potrete assaporare la devastazione della guerra, il dolore della lontananza, la meraviglia e la forza della speranza.
Sentirete il profumo di un amore senza tempo, dei ricordi che annebbiano lo sguardo, dei sospiri accennati davanti ad una fotografia, la stessa fotografia che porteresti al cuore per sentirla più vicina.

image_6483441_2“«Non ti sto prendendo in giro, solo che… devo partire, Amalia.» Amalia aveva capito. Sapeva che sarebbe accaduto, ogni volta che la sera i vicini si riunivano nella loro casa ad ascoltare la radio per tenersi aggiornati sulle notizie di guerra, sua madre si faceva il segno della croce e ringraziava Dio per avere avuto figlie femmine. Preoccupata, gli accarezzò il viso. «Ti rivedrò, Mattia?» Lui l’abbracciò stretta e le sussurrò all’orecchio: «Certo! Tornerò e staremo insieme per sempre, se lo vorrai». Ogni volta che Mattia l’abbracciava o la baciava, Amalia provava le vertigini e percepiva una sensazione simile a quando ci si tuffa in mare. Si aggrappò all’ottimismo di Mattia e decise che quella sera sarebbe stata sua per l’eternità.”

E poi ci sono Amalia, Celestina, Mattia, Lorenzo, Laura… e tanto altro ancora.

“Una rana in valigia” è un libro pieno di cose bellissime.
Cristina Origone ha uno stile fluido e scorrevole, il suo lessico mai banale ma familiare.
Un libro stilisticamente non semplicissimo, l’alternanza delle narrazioni, i continui intrecci potrebbero far calare l’attenzione al lettore ma lei è stata bravissima a far sì che questo non succedesse.

Una meravigliosa scoperta per me che, da sempre, sono innamorata dell’amore e Cristina me lo ha fatto respirare in tutte le sue forme.

Consigliato con tutte le stelline che posso darle.

Julie ♥️

 

Il mio voto:
voto-ottimo
Giudizio: 5/5

2 pensieri su “Recensione di: “Una rana in valigia” di Cristina Origone

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