Recensione di: “Io sono Nina” di Gabriella Mazzon Venturati

Buondì Notters!
Oggi vi parlo di un libro impegnativo, vero, che si approccia alla realtà con fierezza e consapevolezza.
Sto parlando di “Io sono Nina” di Gabriella Mazzon Venturati.
Non lo conoscete? Beh, allora dovete assolutamente leggere qui! 😉

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TITOLO: Io sono Nina
AUTRICE: Gabriella Mazzon Venturati
GENERE: Narrativa
EDITORE: Ilmiolibro
DATA PUBBLICAZIONE: 13 marzo 2016
PAGINE: 156
FORMATO: ebook / cartaceo
PREZZO 3,99€ / 9,98€

SINOSSI

“Mi porterebbe a casa, adesso?” chiede mia madre.
Mi dà del lei, non ha idea di chi io sia.

E’ opinione comune che la demenza sottragga alle persone la memoria, ma fa ben più di questo. La demenza spazza via intere esistenze, sprofonda chi ne è colpito in un abisso di solitudine, deruba della possibilità di trovare conforto in chi ti è più caro, trasformandolo in un estraneo.
Quella di Nina è una storia in presa diretta, dove una figlia si confronta con il suo stesso ruolo di ‘figlia’ ormai privo di significato, con la disattenzione del passato, l’approssimazione con cui è trattata la vecchiaia, le difficoltà nelle relazioni con gli operatori sanitari.
Ne nasce una riflessione sul significato da dare alla vita se questa è così incline a farsi spazzare via. “[…]per quanto importante possa sembrarci, l’amore del tuo uomo, l’amore per i figli, ciò che hai costruito, il dolore che hai dovuto attraversare, nulla, di tutto ciò, regge all’epurazione maniacale della demenza.”

RECENSIONE

Questa è la storia di Nina, la protagonista di questo romanzo, e di sua figlia.
È la storia di una malattia, una di quelle che ti toglie tutto: i ricordi, le emozioni, la consapevolezza di se stesso e di ciò che ci circonda, la fiducia in se stesso e negli altri.
È la storia di Nina e della sua demenza senile, di come furente si è abbattuta nella sua vita, nella sua testa.
È anche la storia della figlia di Nina, che ci racconta la difficoltà di dover combattere questo mostro senza cuore che le ha portato via la sua mamma, la difficoltà di non mollare, di non crollare davanti a lei, di essere forti e coraggiosi anche per Nina.

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La figlia di Nina ci racconta, attraverso la sua voce, tre momenti principali che scandiscono la vita di chi é affetto da demenza senile: i pochi giorni prima del ricovero, il ricovero e la dimissione.
Ce lo racconta con amarezza e rabbia, la rabbia di chi vede ogni giorno il proprio genitore non riconoscersi, non riconoscere sua figlia e i suoi familiari, non riconoscere la propria casa, quellaimage (1) stessa casa in cui ha visto crescere e ha accudito i suoi figli, in cui ha vissuto il suo matrimonio, in cui ha festeggiato compleanni e natali insieme ai familiari, assaporando una calorosità che non avverte più.
Ora ci sono solo muri, pareti, mobili e quadri freddi, asettici, che non le trasmettono nulla.
Ora c’è solo quella sconosciuta, che dice di essere sua figlia, che la guarda senza trasmetterle nulla.
Ora c’è solo lei, Nina, che legge le sue riviste, solo che lo fa in modalità loop.

“Mi siedo accanto a lei ma sento che non le basta, sento che percepisce il mio essere distante.
[…] ‘Bè’ dice poggiando la rivista in grembo. ‘Adesso sarei anche pronta ad andare a casa, mi porta lei?”

“Io sono Nina” ci racconta la difficoltà di convivere con questa malattia, ma anche la difficoltà di approcciarsi al resto del mondo con essa.
Medici, infermieri, assistenti, tutti sembrano fare orecchie da mercante nel momento in cui si presenta in ospedale un anziano affetto da demenza senile.
“Signora, ormai possiamo fare poco per lei, inizi a rassegnarsi all’idea”.
Questo è quello che si sente ripetere in continuazione la figlia di Nina che, con la rabbia e la delusione di chi non è compreso, si chiede perché spesso gli anziani vengano abbandonati a loro stessi da un sistema che, invece, dovrebbe tutelarli.

“La visita è stata scrupolosa, il responso, meno.
[…] Cerco di sapere di più. Lui mi guarda con un’espressione indecifrabile.
‘E’ anziana’, mi dice con un’indifferenza esente da imbarazzo come se questo semplice dato di fatto rendesse inutile qualsiasi altra cosa.
‘Se non ha voglia di alzarsi lasciatela a letto.’ Gli faccio presente che così rischia di perdere anche quel po’ di mobilità che le rimane. Lui chiude rapido la borsa, come si fosse improvvisamente ricordato di un appuntamento ed è già sulla porta quando, voltandosi, mi dice che, più prima che poi, verrà il giorno che non si potrà più alzare ed è meglio che iniziamo ad abituarci all’idea.
Ha infilato veloce il corridoio.
Non lo accompagno.
Lui conosce la strada.
Io ho bisogno di vendetta.

Il libro di Gabriella, è come un dipinto sul quale è raffigurato un paesaggio al tramonto: vero, diretto, affascinante ma al contempo malinconico perché abbandona la luce e la vita del giorno, per abbracciare la cupa e fredda luce nera della notte.
È un libro raccontato con durezza e sicurezza, senza temere giudizi alcuni, e penso che questo sia proprio il suo punto si forza.
Perché ci vuole coraggio per raccontare una storia simile, e il coraggio lo si ha quando non si temono i giudizi alcuni.
Gabriella ha scritto questo libro con grande tenacia e forza d’animo, entrambe trasmesse al lettore fin dalla prima pagina.

Personalmente ho apprezzato molto il fatto che abbia affrontato anche la tematica sul servizio sanitario urlando a gran voce che c’è qualcosa che non va e che bisogna smetterla di nasconderlo.
Una scelta che merita un applauso, perché poco scontata, per niente banale ed estremamente audace.

Beh, in realtà sarebbe meglio dire che é il libro a meritare un applauso, perché questo è uno di quei romanzi che tutti dovrebbero leggere nella vita.
E la bravura di Gabriella nell’affrontare con eleganza e sicurezza questa tematica, non fa che incentivare la lettura di “Io sono Nina”.

Un libro che rimane nella mente, nel cuore, sulla pelle.
Edna. ❤

Il mio giudizio:

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