Ciao Notters!
Vi presentiamo oggi un thriller mozzafiato di Paolo Capponi ed edito da Caracò Editore.
L’autore ci ha omaggiato anche di un breve estratto del primo capitolo… che dite, lo leggiamo insieme? 🙂
TITOLO: La quarta inquilina
AUTORE: Paolo Capponi
EDITORE: Caracò Editore
DATA PUBBLICAZIONE: 16 giugno 2016
GENERE: thriller
FORMATO: ebook
PAGINE: 152
PREZZO: 4,99 €
SINOSSI
Nicole è fuggita dalle Marche per continuare l’università a Bologna, città che la travolge da subito con amicizie e tentazioni, tra cui il bel Filippo.
La sua nuova vita scorre come quella di un qualunque fuorisede, tra litigi con la coinquilina Genny e le difficoltà di mantenere una relazione a distanza con il fidanzato marchigiano; fino a quando, una notte, lei viene pedinata da uno sconosciuto che cerca di fotografarla di nascosto e Genny scompare nel nulla. Ed è allora che le cose cominciano a complicarsi.
L’AUTORE: PAOLO CAPPONI
Nato il il 4 luglio 1985, Paolo Capponi è un marchigiano recentemente trapiantato a Bologna.
Sin da piccolo, amante del pericolo, ha scelto di seguire le due carriere più ardite al mondo: lo scrittore e il docente di lettere.
Se la strada dell’insegnamento ha appena preso il via, la scrittura inizia a dare i primi risultati:
- nel 2010 Paolo scrive diversi racconti per il manuale di Project Hope, gdr di genere Sci-Fi;
- dal 2011 al 2014 i suoi racconti fantasy sono presenti nell’antologia annuale I mondi del Fantasy, Limana Umanìta Edizioni;
- nel 2014 pubblica il racconto storico La strada del re nell’antologia Strade, edita da Fernandel in collaborazione con Gianluca Morozzi;
- nello stesso anno apre un blog sperimentale di racconti da cento parole, Il Contagocce (ilcontagocce.com);
- ancora nel 2014 vince il Premio Letterario Diverso Sarò io? indetto da Uaar col racconto storico Atto terzo;
- sempre nel 2014 riceve una menzione speciale della giuria al concorso Streghe e Vampiri (Giovane Holden editore) col racconto Armida;
- nel 2015 partecipa all’antologia AAVV, Treni persi, presi o sognati in cento parole, Giulio Perrone Editore, col racconto L’incontro.
Breve estratto (primo capitolo)
CAPITOLO UNO
UNA CASAPer la quarta volta, Nicole controlla l’indirizzo. Via G. La prossima svolta a destra ed è arrivata.
Si stringe nel cappotto, siamo alla fine di ottobre e già fa freddo. È un freddo diverso rispetto a quello della sua terra, vicino al mare Adriatico, quel vento bolognese è così tagliente, lo sente fin dentro le ossa.
Imboccata la traversa giusta, Nicole comincia la rassegna dei numeri civici. Dopo un po’ arriva il quindici.
Via G. si trova oltre il ponte di San Donato, fuori da quella che era la terza cerchia di mura: insomma, niente portici o torri medievali, niente magia, solo grossi condomini disposti uno di fianco all’altro.
Un anonimo cancello dà su un cortile in mattonelle rosa. Il suo palazzo si eleva per sei piani, massiccio e squadrato. Mostra un leggero gioco di rientranze e sporgenze, come se l’architetto si fosse accorto della bruttura che stava creando – praticamente una scatola di scarpe messa in piedi – e avesse voluto rimediare all’ultimo, movimentando un minimo la facciata.
Le ricorda molto il palazzo dove viveva con la sua famiglia, giù nelle Marche. E in quanto a brutture, beh, quel palazzone aveva fatto la storia del suo paesino. Avete presente un borgo medievale, abbarbicato sulla dolce cima di una collina? Il verde dei campi e il marroncino delle mura e dei campanili? Ecco, adesso prendete un parallelepipedo bianco e appiccicatecelo davanti. Bene, avete ottenuto l’attuale panorama di Colleverde. Un po’ come prendere una queen di Gucci, in tutta la sua eleganza, e impataccarla con una spillona di plastica di Pippo.
Ma ora è scappata a Bologna, non deve pensarci più. I prossimi anni saranno diversi, adesso che non è più a Colleverde.
Nicole comincia a scorrere i nomi sul citofono. Il palazzo non la fa impazzire e la zona, le hanno detto, non è delle più gradevoli. Sarebbe molto più fico vivere in centro, ma in centro centro. Ma in centro centro ha beccato solo bettole e l’unica casa carina era in via Broccaindosso, abitata però dalla versione punkabbestia degli amici di Friends. Un ragazzo mingherlino con occhiaie giganti e una sudicia maglietta di Kurt Cobain le aveva mostrato la stanza. Nicole aveva strabuzzato gli occhi: era ancora tutta arredata, scarpe in giro, vestiti e libri sparsi tra poltrona e letto, su cui c’erano addirittura le lenzuola. «Ma il vostro amico ci abita ancora?»
«No, è rimasto tutto così, gli sbirri l’hanno arrestato alle tre di notte e da allora non ci siamo più entrati. Era uno di noi, ma l’hanno beccato in un giro pericoloso.»
«Ah, wow» aveva risposto Nicole. «Ma la stanza è troppo piccola, grazie e arrivederci!»
Dieci secondi dopo se la stava dando a gambe levate.
Diciamo che il dipartimento di Filologia classica è vicino, riflette Nicole, premendo il dito sul bottone giusto del citofono, da qui saranno quindici minuti a piedi. E la casa, almeno dalle foto, sembra messa bene. Tanto vale tentare.«Chi è?» gracchia il citofono.
«Sono Nicole Bianchi. Sono qui per la stanza in affitto.»
«Ah sì, sì, sali. Quarto piano.»
Il cancello si apre con lentezza.
Il cortile è ampio e silenzioso. Due grossi abeti scuri s’innalzano per tutta l’altezza dell’edificio.
Nicole prosegue guardinga. Cercare casa non è un scherzo, ci sono molti aspetti a cui bisogna fare attenzione: la zona, le condizioni del palazzo, se c’è l’ascensore o meno – cosa che va a incidere sulle spese condominiali – quanti appartamenti ci sono in totale… E Nicole ha solo pochi giorni: le prime lezioni della specialistica di Filologia classica sono già cominciate: non ha tempo da perdere.
Se questa casa va bene, la prendo.
La ragazza che la attende sulla porta dell’appartamento è una tipa grassottella tutta sorrisi e complimenti. Indossa una maglietta rosa di Hello Kitty e la saluta con calore.
«Ciao! E quindi tu sei Nicole!», dice con un accento del sud. Nicole non saprebbe definirlo, li confonde tutti; come anche quelli del nord. Non ha mai conosciuto molte persone non marchigiane.
«Sì, ciao, piacere» risponde con un sorriso di circostanza. Sa bene che quando in una casa universitaria c’è da rioccupare una stanza in tempi brevi, tutti si trasformano in un gioioso comitato di accoglienza, solari e affabili; ma la sola verità è che hanno l’urgente bisogno di dividere l’affitto con te.
La tizia la invita a entrare. «Io sono Genny, hai parlato con me al telefono!»
Le fa strada attraverso il corridoio. Le pareti rosa, tinteggiate di recente, sono piene di foto e cartoline dalle più disparate località del sud: Napoli, Ostia, Ischia, Gallipoli. Il culone di Genny volteggia davanti a lei come un dirigibile. Per fortuna non sono più così, sospira tra sé. Al solo ricordo di com’era prima, la bocca dello stomaco si serra come la porta di un convento. Stai calma. Ora sei magra e ci resterai per sempre.
Genny imbocca la prima porta a destra e va a spalancare la finestra per far entrare più luce. «Allora, qui c’è la cucina e lì il cucinino.»
La stanza è quadrata, non molto grande ma vivibile; la cucina vera e propria è un budello stretto e lungo. Però i mobili sono nuovi e l’ambiente ben messo e pulito.
Le altre case che ha visto lì a Bologna erano vecchie e contorte, divise come labirinti, una stanza dentro l’altra, soppalchi dove neanche immagini, bagni adatti forse per i lillipuziani e cucine che, a occhio e croce, sono state installate sotto la monarchia dei Savoia.
«Certo non è un salone gigante» spiega Genny rollandosi una sigaretta, «soprattutto la cucina là dietro; però basta solo organizzarsi e cucinare uno alla volta, che poi qui per mangiare ci si entra, non abbiamo mai avuto grossi problemi con gli altri coinquilini. Hai un accendino? Il mio non so dov’è finito!»
«No, mi spiace» dice Nicole stringendo le spalle, «io non fumo.»
«Ah, cavolo, allora forse ti dà fastidio?»
«No, tranquilla: mio padre è un fumatore, ci sono abituata.»
«Bene, meglio così.»
Genny si china a rovistare nel cestino sotto la tv, alla ricerca dell’accendino. «Noi qui fumiamo abbastanza, sia io che Tony. Marco però no, lui non fuma.»
«Sono gli altri inquilini?»
«Sì, Tony è il mio ragazzo» spiega Genny dondolando il grosso sedere davanti agli sportelli bassi della credenza, sempre alla ricerca dell’accendino. «Marco è l’inquilino della stanza di fronte alla tua, studia Matematica. Ah! Trovato!»
Solleva il piccolo accendino rosa come fosse il Santo Graal e ridacchiando si accende finalmente la sua sigaretta.
«Me lo perdo sempre questo cavolo di accendino! Ti piace? È di Hello Kitty!»
Nicole odia Hello Kitty. Se Nicole incontrasse Hello Kitty per strada la spingerebbe sotto un camion. Due gattine nel giro di pochi minuti sono troppe per i suoi gusti.
Ricorda, Nicole, stai cercando casa, questa cicciona potrebbe servirti per avere un tetto sulla testa. Così abbozza un sorriso e cambia subito discorso. «Tu e il tuo ragazzo studiate?»
«No, lavoriamo.» Genny soffia una nuvoletta di fumo. «Io faccio la barista, Tony lavora da un meccanico. Almeno per ora. Poi in futuro chissà?»
Nicole distoglie lo sguardo: da quando hanno chiuso la scuola di abilitazione per l’insegnamento, con buona pace di tutti i neolaureati in Lettere, il futuro è diventata una nebulosa macchia in fondo a un corridoio e la domanda “Che cosa farò dopo la laurea?” suona come l’enigma della sfinge.
«Posso vedere la stanza?»
«Sì, subito» salta su Genny. «Scusa, mi perdo sempre in chiacchiere. Da questa parte.»
Attraversa il corridoio, indicando le varie porte. Sulla parete di sinistra si affacciano in ordine: la stanza di Genny e Tony, il bagno e la stanza che Nicole è andata a visitare. A destra invece la cucina e la stanza di Marco, lo studente di Matematica. In fondo, dirimpetto alla porta d’ingresso, fa capolino la piccola porta dello sgabuzzino.
«È un appartamento molto grande» commenta Nicole.
«Sì, sì, è spazioso» replica l’altra. «In centro si trovano certe catapecchie! E pagheresti lo stesso affitto di questa camera qua.»
Spinge giù la maniglia con le dita tozze e apre la porta.
La stanza è grande, dipinta di azzurro, quadrata e luminosa: da un lato il letto a una piazza e mezza, dall’altro troneggia un grande armadio con ante a specchio; in fondo, scrivania e cassettiera. E anche qui è tutto nuovo.
«La camera è questa, hai tutto quello che ti serve, se poi hai bisogno di altri spazi ci sono anche i mobiletti in bagno. La porta ha la chiave, naturalmente, se devi chiuderti dentro per qualsiasi motivo. Unica cosa, te lo dico giusto per informazione, la padrona mi ha dato un passe-partout per le emergenze: se una volta – tocchiamo ferro – va a fuoco qualcosa in camera tua, io posso aprire la porta e intervenire. Ma, guarda, è stato usato una volta sola, su richiesta di un vecchio inquilino dell’altra stanza, perché voleva sapere se aveva lasciato un libro in camera o se l’aveva perso.»
«Sì, ho capito. Non è che l’idea mi faccia impazzire, lo ammetto.»
Buona lettura!
Naty&Julie 🙂